Poi, investimenti e politiche a diversi livelli hanno favorito il settore terziario e la profonda trasformazione del primario con la diversificazione agri-turistica, la certificazione di prodotti e la valorizzazione dell’heritage: spinte che hanno imposto investimenti, logiche accrescitive e competitive.
In questo contesto, le spinte di trasformazione del settore primario si sono saldate alla contrazione dello Stato sociale e dei servizi, che nelle aree fragili rappresentano importanti strumenti di presidio del territorio, senza i quali la riproduzione sociale entra in crisi.
Seguendo un modello urbano-centrico, i servizi sociali, scolastici e socio-educativi - essenziali diritti di cittadinanza - sono stati accentrati nei poli urbani e metropolitani, mentre sono stati disarticolati i servizi di prossimità, penalizzando i territori a bassa densità abitativa: un modello critico - e criticato - per le diseguaglianze territoriali che ha contribuito a produrre.
La diminuzione dei servizi ha portato a una generica perdita di qualità della vita e del lavoro, anche negli stessi servizi. Si pensi ad esempio all’aumento della precarietà e della discontinuità lavorativa in servizi a rischio continuo di chiusura o rimodulazione - come i servizi scolastici nelle aree interne e montane; oppure al burn out, fenomeno sempre più diffuso tra lavoratori e lavoratrici dei servizi pubblici, che compromette la continuità dell’offerta e la tenuta degli stessi servizi, quindi l’esigibilità dei diritti sociali.
Nella media montagna appenninica queste trasformazioni si sono date in modi specifici, anche seguendo le temporalità e gli interventi eccezionali legati alle continue emergenze, da quelle sismiche a quelle alluvionali. Contesti di accelerazione in cui emergono nettamente in modelli di sviluppo dominanti e si acuiscono le disuguaglianze socio-economiche. In particolare, da tempo nel cratere osserviamo l’investimento sulla vocazione turistico-ricettiva, con evidenti criticità: economie intermittenti, mercificazione della tradizione e dei luoghi, sviluppo di filiere agro-alimentari che ricorrono a un’ampia delocalizzazione della produzione, in barba alle retoriche di autenticità e tipicità.
Continuando la riflessione sulle trasformazioni della media montagna del centro-italia, la Scuola 9 quest’anno affronta il tema del lavoro in montagna, offrendo una fotografia delle principali questioni che interessano primario e terziario. Senza pretesa di esaustività, ma con l'obiettivo di tratteggiare scenari e suscitare domande, la Scuola vuole indagare: la trasformazione delle pratiche produttive, le condizioni e i bisogni di lavoratori e lavoratrici, tra pubblico e privato, la qualità e i diritti nel lavoro, la persistenza dei saperi socio-ecologici.